Lo chef Cannavacciuolo è almeno in apparenza, come secondo me dovrebbe essere uno chef: quel misto di imponenza ed eleganza nei movimenti, quella forza e, al contempo, quella delicatezza nel sfiorare gli ingredienti.
Terza fatica dopo “In cucina comando io” e “Pure tu vuoi fare lo chef?” editi da Mondadori, Il piatto forte è l’emozione arriva come un’assestamento di un percorso. L’abbiamo incontrato, seguito da bambino attraverso i vicoli di Vico Equense ed eravamo al suo matrimonio, il giorno in cui ha sposato una vegetariana, ed eravamo con loro nei primi giorni di Villa Crespi, hotel con annesso ristorante entrambi di proprietà dello chef, che nel 2006 è stato insignito della sua seconda stella Michelin.
Lo chef Cannavvacciuolo ha viaggiato, ha scoperto e ha conquistato: nel suo ultimo libro ci parla delle sue avventure. Come Ulisse ad Alcinoo, lo chef parla con il lettore attraverso i suoi piatti e…le sue storie. Tra Crema di Topinambur con gorgonzola e cioccolato e Gnocchetti di baccalà e tartufi di mare, arrivano i suoi racconti. Sembra di assistere alla proclamazione di un grande poema, di una grande canzone, quando in un solo momento assistiamo alla venuta del coro che, come deus ex machina, ci spiega la tradizione e il perché delle cose. Sono storie divertenti che a tratti ci lasciano un sorriso dolce-amaro, facendoci pensare alle abitudini culinarie di un tempo che ora tralasciamo un po’. Il ragù, ad esempio. In questi anni di fast-food, raw food, crudo è bello, lo chef ci narra una storia, molto diffusa al Sud, che ci spiega con soli pochi gesti il fulcro della cucina del Sud.
Un giovane coppia di sposi è pronta a iniziare la propria vita insieme ma immediatamente, dal primo giorno di matrimonio, lo sposo porta la giovane dalla propria madre affinché le insegni l’arte del ragù. La ragazza comprende tutti i procedimenti, torna a casa, e di buona lena si mette all’opera. Il marito novello torna a casa, assaggia il primo boccone e scuote la testa: non è quello di mammà.
La ragazza non si dispera, ogni sera continua e continua a rimescolare la pentola e a servire un piatto di ragù, ma non è mai quello giusto. Fino a che, un giorno, annoiata e frustata dalla situazione, lascia la pentola sul fuoco e si distrae facendo il resto delle faccende. Quando torna ai fornelli il ragù si è attaccato sulla base della pentola ma lei è costretta a servirlo così non avendo altro in casa. Il marito, rassegnatosi ormai da tempo, prende una forchettata ed esclama: “Mammà!”. Era quello giusto. Il ragù è un piatto lento, che si deve cucinare, anzi, che si deve bruciare. Lo chef racconta che sua nonna lo metteva su la mattina presto e poi andava per campi urlando, di tanto in tanto, a qualcuno di entrare in casa sua e di dare una mescolata alla pentola. La semplicità, la lentezza e il rispetto degli ingredienti sono le basi della cucina dello chef Cannavacciuolo che in questo volume ci ricorda l’ingrediente che non deve mai mancare: l’emozione.