Chi è Donna 'Giordana Attilio'?
Sono nata a Napoli in una famiglia tradizionale. Sono l’ultima di 4 fratelli, ho una gemella. Mia madre cucinava sempre per minimo 6 persone, ma avevamo spesso amici, parenti e/o fidanzati, per cui ogni sera la cena si trasformava in un banchetto. Forse è quello che mi mancava di più quando sono andata via di casa a 21 anni, destinazione Barcellona. Ho mantenuto la tradizione di cucinare e mangiare in compagnia sempre: durante l’università, durante le mie prime esperienze di lavoro, tutti ricordano le mie famose cene. Bastava citofonare, in casa c’era sempre qualcosa di facile da preparare per amici. Io amo così: cucinando. Ho lavorato in vari paesi, Spagna, Inghilterra, Kurdistan, Maldive e da circa 4 anni negli Emirati. Sono la persona che tutti gli amici chiamano per sapere dove mangiare, che sia a Londra, a New York o a Napoli. Durante i miei viaggi sono solita cucinare per tante persone: in un casale del Chiapas, ad esempio, ho cucinato per una ventina di persone. E sapete cosa? Spaghetti al pomodoro. La semplicitò è la dote che credo più mi rappresenti.
Dubai, per scelta oppure per caso?
Oggi direi entrambi. Nel 2013, appena rientrata da un lungo viaggio in Messico, ho ricevuto una grande opportunità di lavoro a Dubai. Una di quelle che non potevo rifiutare. Ho lavorato all’inserimento negli Emirati di una grossa società di catering italiana, che mi ha portato a lavorare finanche in Kurdistan e visitare tantissime cucine centralizzate della regione. È durante questa esperienza che ho imparato tanto delle operations in cucina. Nonostante all’inizio fossi molto restia, ho poi deciso di restare a Dubai e lo scorso anno ho iniziato a lavorare per Addmind Group.
Da chi e come nasce questa idea?
Matto è parte di Addmind Group, un gruppo libanese leader nella creazione di concept in Medio Oriente. Si sono resi conto che nella scena culinaria italiana a Dubai mancava un ristorante italiano di fascia media con un'anima, con un tocco umano, quello che d’altronde è usuale trovare in Italia. Così hanno assunto un team completo di italiani - me compresa - e ci hanno dato carta bianca per aiutarli a creare un autentico brand. Credo che il successo del ristorante sia dovuto proprio a questa perfetta sinergia.
L'autenticità della cucina italiana all'estero è un nobile obiettivo. Quanto costa in termini economici e di impegno da parte del vostro staff?
Ovviamente esiste un modo per rendere le cose più economiche ma queste comportano il sacrificio del gusto e la qualità. Nel nostro menu ci sono opzioni per ogni tasca. La cucina italiana è anche questo. Gli ingredienti sono cari rispetto ad altri paesi, è vero, ma non sono pretenziosi né per forza costosi.
Le materie prime e gli ingredienti italiani sono molto più costosi a Dubai che in tanti altri Paesi: meglio un piatto più economico ma autentico al 100% oppure un piatto “parzialmente autentico” più conosciuto e conseguentemente più vendibile ad un pubblico straniero?
Sicuramente 100% autentico. Rimaniamo fedeli alle ricette delle nostre nonne, ogni tanto con un piccolo twist, ma sempre rispettando la tradizione. E la rispettiamo fino al punto di vedere clienti lasciare il ristorante perché non rispettiamo le loro aspettative. Abbiamo anche lanciato una campagna di comunicazione con tutti i “SI” e i “NO” della cucina italiana e siamo rimasti sorpresi nel vedere quanta confusione ci sia ancora sulla nostra cucina, nonostante il livello “alto” della clientela.
Quanto vale e quanto costa educare il cliente straniero alla nostra cucina autentica?
Vi cito un episodio a caso, in cui una cliente ha lasciato il ristorante perché voleva aggiungessimo della panna a un piatto oltre ad altri ingredienti non previsti nel nostro menu. Il nostro Head Chef Christian è stato inamovibile. Durante questi mesi abbiamo notato che persiste una specie di cucina italo-americana, ma noi siamo convinti di potercela fare a non finire in quella categoria di chicken pasta o chicken pizza, che va ancora per la maggiore.
Uno staff italiano è molto costoso ed è privilegio di pochi ristoranti italiani a Dubai. Come riuscite a permettervelo con una politica di prezzi contenuti?
Preferiamo avere meno personale e che ognuno di loro sappia come interagire con i clienti e istruire e consigliare la clientela, perché tutto quello che sanno della ristorazione lo hanno visto e vissuto in casa, fin da bambini. Un cliente è disposto ad attendere un minuto in più per un cameriere autentico e qualificato piuttosto che avere a disposizione una grande quantità di camerieri incapaci di soddisfare le loro richieste.
A distanza di un anno dalla vostra apertura è tempo di bilanci. Obiettivo raggiunto?
In realtà abbiamo aperto neanche 6 mesi fa e considerando il mercato vasto e competitivo di Dubai, non potevamo neanche immaginare lontanamente tanto successo in così poco tempo. Tutto ciò è stato possibile anche grazie all’immenso supporto della comunità italiana che si e trasformata in clientela fissa. Gli italiani sono stati i nostri più grandi brand ambassadors.
Quale è stato l'impatto con il pubblico italiano e quale quello con il pubblico straniero? Come siete riusciti ad accontentare entrambi?
Gli italiani amano Matto perché si sentono a casa: è bello vederli arrivare e dirigersi verso il bar e dire a voce alta: ”Ciao Ciro, come stai, si, il solito Negroni, grazie”. E credo che questo piaccia tanto anche agli stranieri. Si sentono al sicuro vedendo l’enorme percentuale di italiani ogni sera da Matto. Inoltre, non ci limitiamo solo a offrire dell’autentico cibo ma anche a mostrare degli eventi che possano farli familiarizzare con la nostra cultura. Per esempio l'aperitivo il sabato o il giropizza la domenica. Che domenica italiana sarebbe senza una buona pizza e una birra?
Progetti per il futuro?
Ci sono un po’ di novità che bollono in pentola. Saremmo lieti di vedere Matto spiegare le ali!