Dove sei nato?
San Francisco, California USA.
In che città vivi adesso?
Milano, Italia.
Quando hai capito che volevi fare della cucina il tuo mestiere?
Avevo cinque anni quando, ogni domenica mattina, mi svegliavo col profumo del ragù dentro casa. Mi alzavo molto presto e andavo in cucina per osservare le mani di mio padre muoversi in assoluta sicurezza tra fornelli, piatti e coltelli. Quei momenti hanno il sapore indimenticabile di quel ragù che inonda la fetta di pane per la colazione domenicale. Il sorriso di mio padre concesso nel descrivermi una ricetta, i suoi consigli come un regalo speciale, hanno sviluppato gradualmente oggi il mio essere chef. E la musica c’era sempre. Dopo il diploma mi sono imbarcato sulle navi da crociera per tre anni ho lavorato tra fornelli e piatti da lavare. La mia sveglia iniziava a suonare alle 5.30 del mattino e dovevo abituarmi fin da subito agli odori della cucina e agli ordini del capo chef che dovevano essere eseguiti senza sgarrare! Mi sono beccato anche tante padellate in testa per qualche errore commesso. Solo oggi mi rendo conto di quanto fosse preziosa e giustificata la disciplina che pretendeva.
Chi sono stati i tuoi primi maestri, quelli che ricordi?
A ventidue anni ho seguito alcuni stage di cucina nella capitale francese: ricordo bene il discorso di benvenuto del capo chef basato sull’umiltà, lo studio e la tenacia; sono parole che mi accompagnano tutti i giorni ancora oggi. L’ispirazione nasce da esperienze, ricerche, dal confronto con i miei colleghi. A volte anche dalle passioni, come la musica e l’arte; il mio spiedino Rocket Queen è nato mentre ascoltavo il brano dei Gun’s and Roses
In che città hai lavorato?
Dopo la gavetta nelle cucine delle navi da crociera, tornato a terra, sono iniziate le mie esperienze americane, europee e italiane: San Francisco, New York, Londra, Parigi, Copenaghen, Roma e Milano.
I personaggi più famosi per cui hai cucinato?
Ho avuto il piacere di ospitare molti volti noti. Da Deborah Dyer, nota come Skin, leader della band londinese Skunk Anansie a tanti calciatori e attori. Durante il Festival di Sanremo abbiamo allestito un ristorante mobile per tutti i cantanti e gli ospiti della kermesse.
Perché hai scelto l’Italia per la tua attività?
Abbiamo creato un linguaggio universale sul cibo: pasta, cappuccino, spaghetti, parmigiano, espresso, pizza. La parola “pasta” resta per tutti il sinonimo per eccellenza del Bel Paese. Esistono regioni con un’ampia tradizione culinaria che nel tempo si è fatta conoscere, ma che ha ancora da raccontare in Italia e all’estero.
Che cosa sono per te gli USA?
Le origini americane si fanno sentire, quando preparo un gustoso e succulento cheeseburger che mi ricorda Mill Valley, vicino San Francisco, dove sono nato; a nord oltre il Golden Gate Bridge, il famoso ponte, c’è la meravigliosa Bay Area, dove vivono i fratelli di mia madre e dove spesso trascorro le vacanze con mia moglie e mia figlia. La nostra casa oggi si trova a Corte Madera dopo Sausalito. Come ogni estate organizziamo il nostro tradizionale barbecue con amici e parenti, oppure in spiaggia a Bolinas prepariamo del Clambake: si tratta di scavare una buca nella sabbia e di riempirla con pietre incandescenti e alghe malerba per cuocere i frutti di mare, come l’aragosta, le cozze, le vongole, i granchi le patate dolci, le cipolle, le carote e le pannocchie. Ho dedicato nel mio libro: “Tu come lo fai?” un intero capitolo al barbecue, per me sinonimo di relax, di festa, di fine settimana e fa parte della mia tradizione familiare americana.
Quanti programmi di televisione hai condotto e qual è l’ultimo?
La televisione e la popolarità sono arrivati nel 2004. Da più di dieci anni sono in onda con i miei programmi di cucina. È in onda su Sky Italia la terza stagione di “Alessandro Borghese Kitchen Sound”, tutti i giorni a ora di pranzo. È appena finita la terza stagione di “Alessandro Borghese 4 Ristoranti”, che ha avuto molto successo. Sono giudice di “Junior Masterchef Italia”. Sono lusingato di essere stato un precursore degli chef in TV.
Quale è stata la prima esperienza televisiva e come è cominciata?
Tutto è cominciato con il più classico degli “sliding doors”. Nel 2004, mi sono trovato di fronte una scelta, da un lato il canale televisivo Real Time, stava cercando un cuoco a cui affidare il programma Cortesie per gli ospiti e dall’altro mi era stato chiesto di partire per la Cina e gestire un noto ristorante di Shanghai. Ho seguito la strada della tv.
La cucina in televisione è solo spettacolo o insegna anche qualche cosa?
La cucina in TV ha permesso a molti di conoscere i cuochi più amati e far diventare una passione un lavoro. Sono nati nuovi lavori per molti giovani, riguardo il cibo e la cucina, in TV e sul web. Vado fiero di aver contribuito a sdoganare la cucina e ad averla impastata con altri universi affini, come musica e arte. Prima era impensabile raccontare di piatti con brani rock o parlare in un’intervista come questa, di eventuali abbinamenti tra le due realtà.
Quanti libri hai scritto e quale vorresti scrivere?
Ho scritto tre libri: “L'abito non fa il cuoco. La cucina italiana di uno chef gentiluomo”, edito da Rizzoli nel 2009. “Tu come lo fai? I tuoi piatti preferiti in più di 100 ricette dello chef”, edito da Mondadori nel 2013. Da questo aprile è in vendita in tutte le librerie “Alessandro Borghese Kitchen Sound. Senti come suona questo piatto” edito da Mondadori Electa: che raccoglie le foto dell’omonimo programma televisivo.
Mi piacerebbe poter scrivere un romanzo erotico dove i protagonisti ruotano intorno al ristorante, il tutto condito da aneddoti e spiegazioni culinarie. Sia chiaro: non esistono cibi afrodisiaci, è il modo in cui il gusto arriva al palato che esalta i sapori e risveglia l’eros in un racconto piccante.
Tu e Donato de Santis avete entrambi una fabbrica /negozio di pasta. Perché scegliere proprio la pasta per far un’attività?
La pasta fresca è storia. Professionalità. Sapore. Esperienza. Semplicità. In un qualsiasi posto al mondo la parola “pasta” resta per tutti sinonimo, per eccellenza, di Italia.
Il programma Kitchen Sound di Alessandro è cucina a suon di musica, Donato ha come manifesto del suo ristorante le parole di Alba Chiara di Vasco Rossi. Che ruolo ha la musica nella tua vite e nella tua professione?
La musica è sempre presente! Sia nella mia cucina sia nella mia vita. È fonte di creatività, spesso i miei piatti arrivano da un’ispirazione musicale, la mia rivisitazione delle classiche zeppole napoletane chiamate “Led Zeppolin” in onore del gruppo inglese che amo: Led Zeppelin è solo uno degli esempi!
Come definiresti la tua cucina?
A km Italia ma che guarda con attenzione la materia prima estera.
Quanto è importante la cucina italiana nella tua proposta gastronomica?
La mia cucina è italiana, senza limiti verso le altre, sono una persona molto curiosa che ama la sfida!
Il tuo piatto preferito e quello che ti piace cucinare.
Si entra in cucina e si inizia a creare. Per esempio, ieri ho raccolto in giardino dei tulipani per mia moglie e mentre li sistemava in un vaso con dell’acqua: le ho chiesto se avesse preferito averli per cena! Si è messa a ridere di gusto e così i tulipani dal vaso li ho prima passati in una pastella, dopo li ho fritti in olio di semi di vinacciolo. Il mio piatto preferito è quello che devo ancora creare!
L’ingrediente a cui non rinunceresti mai.
Prediligo la stagionalità e la freschezza degli ingredienti. Ogni volta lo scenario cambia di mese in mese. Sicuramente non mancano mai: acciughe, parmigiano, aglio, cipolla, sale, pepe e olio extra vergine d’oliva.
Fai tantissime cose: ristorazione, catering, formazione e consulenze, televisione, libri. Come fai a fare tutto?
I programmi televisivi si registrano in pochi mesi. Il tempo si può organizzare grazie alla condivisione, il gioco di squadra è fondamentale ed io lavoro con un’incredibile team di professionisti in brigata e in azienda.
Si dice che dietro a un grande uomo c’è una grande donna. È vero anche per te?
Io più che dietro la vedo sempre al mio fianco: mia moglie, un manager che non ama i riflettori e l’esposizione mediatica. L’ho incontrata anni fa nel suo precedente ufficio. E dopo aver avuto il classico colpo di fulmine, perché è bellissima, l’ho portata via dall’azienda per cui lavorava e abbiamo fondato l’AB Normal. Non solo le devo un matrimonio felice e due figlie meravigliose, ma anche una consulenza e competenza imprenditoriale che oggi permette a un’intera squadra di non fare passi falsi.
Chef Borghese, andresti a Buenos Aires per un po’? Cosa vorresti fare in quella città?
La Regina del Plata è una città che durante lo scorso secolo ha ospitato moltissimi italiani. Si è creata così una commistione di tradizioni e sapori e gusti tutti da scoprire. Mi muoverei tra i vari Barrio, sono curioso di perdermi a Buenos Aires, respirare l’aria di quei quartieri, prendere spunto dai sapori di questa terra lontana per iniziare un piccolo controesodo culinario. Invito al mio ristorante chef De Santis, per conoscerci di persona e presentare la mia cucina.
A questo punto mi auguro solo che ci possa essere un interscambio professionale a ritmo di rock!