“Oggi la mia libertà è dare tutto all’ospite: è lui che deve comporre il suo piatto. La mia libertà si esaurisce nella variabilità del prodotto e nella creazione del gusto; ma la vera libertà è quella che concediamo a chi mangia le nostre pietanze”, dichiara Lopriore.
E per fare questo passo in avanti lo chef non può essere da solo. Sì perché immaginate di ricevere ingredienti (apparentemente) slegati tra loro sul tavolo e non i piatti-quadri che siamo abituati ormai a ricevere una volta seduti al ristorante: che impressione vi farebbe? È per questo che la rivoluzione della convivialità richiede un nuovo servizio di sala: “se riconosciamo l’importanza di donare al cliente la possibilità di creare il piatto con gli ingredienti che forniamo, diventa essenziale avere un servizio di sala all’altezza, che sappia salvaguardare quanto creato dallo chef. Dopo aver cercato di stupire i clienti con i sapori, oggi sono interessato alla forma. Mi piacerebbe riuscire a spiazzare anche con il servizio, facendo entrare chi mangia nel processo della creazione di un piatto. Un esempio? Chiedere a un cliente seduto a tavola che cosa dovrei fare secondo lui con una determinata salsa, quale dovrebbe essere l’abbinamento o la consistenza. E la mano lunga dello chef deve essere il cameriere: ben formato ed informato su quanto avviene tra i fornelli”.